Giovanni Semerano di Giacomo Carioti

      

"IL FOTOGRAMMA" di Giovanni Semerano

Giacomo Carioti  

 

 

 

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Era fatale che io e Giovanni dovessimo incontrarci: questo awenne alia fine degli anni '70, sotto gli inesorabi li influssi della comune passione, la fotografia. 

I nostri primi colloqui si svolsero lungo una Via Ripetta con molto meno caos automobilistico, ma con ben più fragoroso contorno di eventi: intorno a noi ribolliva infatti il fermento magmatico degli anni di piombo. Ma la vera svolta del nostro rapporto di collaborazione e di solidarieta culturale, oltre che di grande e sincera amicizia, awenne con la consuetudine degli incontri di mezza mattinata in Galleria Colonna, nell'ormai mitico Gran Gaffè Berardo. 

Quanti comitati, quante associazioni, quanti gruppi culturali, quante agenzie di stampa, quanti giornali sono nati fra quelle colonne, quei lampadari, e quegli effluvi di lieviti fragranti e fumisterie di bevande corroboranti! Vere e proprie quotidiane scorribande del pensiero, alle quali si associò, purtroppo per un periodo troppo breve, un altro grande e magnifico amico: Renato Portoghese, con il quale fondammo la rivoluzionaria e destabilizzante "Associazione della Stampa Cinematografica e dell'Immagine ; con i suoi geniali e ambitissimi premi "Edigramma" e "Cinegramma". Affermavamo la forza dell'imprevedibilita e dell' improbabilità. Con i nostri fulminei voli pindarici, spiccati fra un sorso e l'altro di caffè ristretto (che Giovanni prendeva rigorosamente "senza zucchero"), surclassavamo il dadaismo, il futurismo, l'esistenzialismo ed il surrealismo, che pur tanto ci intrigava. 

Ci sentivamo, ed eravamo, i protagonisti di una grande e soprattutto candida stagione creativa che non sentiva il corrotto bisogno della notorietà volgare, della pubblicizzazione forzosa, del predominio dell'ufficialità. 

Questo comportamento divenne uno "stile", e fu una delle principali caratteristiche del "Fotogramma" probabilmente, quella che maggiormente attrasse schiere di autori e di personaggi, affascinati da una tale diversità, in un panorama culturale sconfortante e spesso bieco. 

Non so più quante mostre ho presentato, quanti cataloghi o cataloghini ho firmato, quanti articoli ho scritto per le pionieristiche testate che Giovanni ha pubblicato: solo la raccolta di Giovanni può attestarlo, io ho perduto il conto. Ne ricordo una per tutte: il primo numero di"Immagine" dedicate ad Henry Cartier-Bresson (nostro comune punto di riferimento professionale), per il quale scrissi un editoriale e proposi l'immagine di copertina - per me il capolavoro del grande maestro francese - "II ragazzino di Rue Muffertard" . Allo stesso modo ho anche perduto il conto delle mie mostre personali o collettive, e di quelle che ho direttamente proposto e curato. 

Ricordo la prima, dedicata alla "Barabbata", documento antropologico sulla grande festa di Marta, poi l'inchiesta fotografica sui "Ragazzi in prigione" all'interno di Casal del Marmo, poi l'inchiesta multimediale sullo "Scempio del cadavere", sull'utilizzo spietato delle piu crudeli immagini di cronaca.

 In tempi piu recenti, la mostra sugli affascinanti reduci del surrealismo parigino, riuniti intorno a Roland Topor (con il quale fondai, insieme a Giovanni Semerano, la gloriosa e inimitabile Associazione "RomaliaisonParis"), e la scoperta di un grande artista francese, ora divenuto celebre in Francia e in tutto il mondo, Eric Keller , che portò al Fotogramma delle immagini straordinarie, un anticipo di quelle che poi hanno reso unico il suo percorso. 

Fra le iniziative di piu grande respiro da me impostate con Giovanni, ricordo con maggiore entusiasmo "d'Apres Man Ray" e "d'Apres Kiki". L'idea del mi era familiare dai tempi in cui ero redattore de "II Dramma" diretto da Maurizio Liverani , per il quale mi occupai, giovanissimo, di una grande mostra, di "d'Apres" appunto, a Lugano. Intrigato da quel principio ricreativo, lo collegai alla mia passione per Man Ray e per Alice Prin (owero Kiki de Montparnasse), stimolato dalla certezza che a Giovanni queste idee sarebbero piaciute: ricordiamo la sua lontana ma tuttora memorabile intervista con Man Ray , incontrato al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e pubblicata su "II Tempo", ove Giovanni era titolare della rubrica di fotografia intitolata "Filtro Giallo". 

Altre iniziative che hanno fatto scalpore sono state quelle su Von Gloeden e Von Pluschow. Di Von Gloeden Giovanni aveva una bella raccolta, che mise in mostra e che io commentai; di Von Pluschow fui io a sollevare il "caso", sostenendo, in maniera certamente bizzarra ed arditissima - e peraltro mai radicalmente confutata, la sua "inesistenza", accreditando l'ipotesi che non fosse altro che la proiezione "maschia" (impegnata a valorizzare fotograficamente il nudo femminile) del barone omofilo (chiaramente più attratto dalle acerbe virilità).

Episodi. Importanti, certamente, ma solo episodi, nella vastissima storia del "Fotogramma". Una storia che ha visti impegnati tantissimi di noi, alcuni dei quali con maggiore impegno, continuità e vicinanza collaborativa, e importanza di iniziative suscitate e realizzate, anche nella incredibile espansione territoriale del "Centre Culturale dell'Immagine" che nel tempo si è anche virtualmente insediato in località diverse, in un dominio vocazionale specialmente connotate nell'Alto Lazio. A Giovanni Semerano, a questo mio grande amico, nei confronti del quale la cultura "di potere" e "del potere" ha sempre avuto ed ha tuttora altissimo debito, va oggi il mio abbraccio fraterno e riconoscente. 

Sono tra coloro che, grazie al suo incredibile lavoro e alla sua indefinibile presenza catalizzatrice, hanno avuto il privilegio di vivere una esaltante e irripetibile stagione delle immagini e dei sogni.