Racconti di luce e d'ombra
fotografie di Maristella Campolunghi Teresa Pollidori - Nicola Giuseppe Smerilli
a cura di Loredana Rea |
|
Maristella Campolunghi
Maristella Campolunghi Nicola Giuseppe Smerilli
Nicola Giuseppe Smerilli Teresa Pollidori
Teresa Pollidori |
Se si intende la fotografia non come uno strumento per documentare il reale, ma come un complesso sistema di segni per raccontarlo attraverso frammenti, enigmatici eppure fortemente evocativi, allora si comprende perché la ricerca fotografica di Maristella Campolunghi, Teresa Pollidori e Nicola Giuseppe Smerilli, diversi per formazione culturale, approcci metodologici ed esiti formali, non possa essere riduttivamente intesa come il mezzo privilegiato per appropriarsi della realtà, quanto piuttosto come l’opportunità per tessere di essa una nuova trama, capace di esprimerne tutta l’articolazione e, soprattutto, capace di lasciare emergere la sottile poesia che l’attraversa. La realtà è l’imprescindibile punto di partenza, mentre l’obiettivo è andare oltre, per
arrivare alla creazione di un linguaggio astraente che da una parte renda visibili i segni
della pienezza della mondo e dall’altra porti alla ricostruzione di una dimensione spesso completamente interiorizzata, che della prima
mantiene inalterate persistenze iconiche e profondità mnemoniche, giocando con lucida ricercatezza sull’ambiguità insita nella
fotografia di moltiplicare all’infinito il meccanismo di continuo slittamento della realtà nell’immagine, costruita con sapienza per
penetrare nella profondità delle cose e restituirle in una visione di assoluta intangibilità. L’obiettivo della macchina fotografica cattura il
reale, sia pure per significativi frammenti, ma non lo possiede. Lo imprigiona in tagli inusuali e spaesanti, in immagini emblematiche, in
tracce che custodiscono nel tempo i segni inequivocabili dell’esistenza. L’assunto è
innescare una riflessione sulla densità della realtà a partire da se stessi, per superare i provvisori confini tracciati dal proprio
sguardo e confrontarsi con il mondo esterno, in una sorta di inarrestabile e fertile dialogo tra il dentro e il fuori, di cui il linguaggio
fotografico con i suoi calibrati rapporti di luce e di ombra, di colori e di bianco e nero, è unico possibile interprete. Ad interessare è
la necessità di confrontarsi con la quotidianità, nell’intenzione di comprenderne il senso e superare l’inquietante instabilità che
la pervade. Ne consegue che è netto il rifiuto di porsi frontalmente rispetto alle cose, rinunciando a ogni tentazione di registrare, per
mostrare, invece, quanto attraverso l’obiettivo esse appaiano differenti. Ciò che attrae è la lateralità, che permette di guardare il
reale, ma anche di superarlo, trasformando la realtà fotografata in immagine sinteticamente trasfigurata, familiare eppure inevitabilmente altra. I percorsi sperimentali di Campolunghi, Pollidori e Smerilli, pur nelle loro macroscopiche distanze concettuali e tecniche, se analizzati in questa prospettiva critica si presentano allora strettamente connessi: la macchina fotografica permette di insinuarsi insidiosamente nella realtà, per decontestualizzarla e defamiliarizzarla, senza però mai annullarla completamente, schivando il pericolo di quel naturalismo insito nel meccanismo mimetico della fotografia stessa e accentuando il divario tra l’immagine fotografata e il dato da cui essa deriva, così che si possa arrivare a suggerire circostanze alternative al di là del semplice richiamo al reale e alla sua rappresentazione, dal momento che, sottraendo un dato alle sue relazioni d’insieme, lo si modifica di segno in maniera definitiva. I tagli effettuati con studiata precisione costringono, infatti, la realtà in una ricercata assolutezza, in una misurata astrazione, restituendola artefatta, eppure comunque assolutamente vera, mentre l’obiettivo funziona come la lente di un microscopio: rende il reale intimamente ambiguo, evidenziando quanto a occhio nudo risulta invisibile e, nello stesso tempo, sposta l’attenzione dalla realtà alla sua immagine ricostruita attraverso la fotografia e, poi, da essa alle modalità della sua realizzazione, ossia all’analisi segni e alle stringenti relazioni esistenti tra loro. Loredana Rea Studio Arte Fuori Centro Associazione Culturale propone presso l' Accademia di Romania le immagini degli artisti fotografi che animano e frequentano la galleria. La mostra è inserita nella programmazione di "FotoGrafia- Festival Internazionale di Roma - 6° edizione. FotogGrafia è promossa dal Comune di Roma, realizzata da Zone Attive - 6 aprile - 3 giugno 2007
Accademia di Romania in Roma Piazza Josè de San Martin 1, Roma
8 - 23 maggio |