Stefania Cuccarolo
Stefania Cuccarolo

Fotografia

 

        racconti

Ingiallita nella scatola. Caduta a terra e sparsa tra mille altre, incapace di un gesto che la renda diversa e unica.

Le fotografie tolgono l’anima alle persone. Le rendono piatte, bidimensionali, le confinano nel passato, in un luogo lontano, nel tempo dei ricordi. Quando  i vestiti della mia infanzia sono usciti dal baule ho saputo di non averli mai toccati, non consciamente, non nel tempo della ragione, ma di averli visti in fotografia. Il primo,  lana bianca spessa con inserti fiorati sui toni del bruciato, era accanto alla mia zia preferita, a farle sorrisi divertiti. L’altro, bianco candido con spruzzate di rosso,  era posato su un copriletto di raso verde. Dentro, la bambina dai boccoli dorati che osservava l’obiettivo.

Le mie fotografie sono le immagini di Sergio che fa fotografie. Ruba gli istanti. Lo immortalo mentre osserva le cose da dietro l’obiettivo, alla ricerca dello scatto perfetto. Non gli dico, che vedere le cose da dietro una lente non è come guardarle con gli occhi, assaporarne ogni fotogramma, per fissarle sulla memoria e archiviarle tra i ricordi. Allontano dalla mente il pensiero di come lui sia bravo a fare anche questo. Come sa cucinare, dare calci a un pallone, ascoltare la gente, suonare la chitarra, come sa impegnarsi nel lavoro. E’ mio il nome scritto su quell’anello, a contatto con la  vena amoris, che arriva diretta al suo cuore. E’ mio, il cuscino che abbraccia per annusarne il profumo, quando mi alzo dal letto per entrare nel teatro del mondo. E’ sua, la mia fotografia più bella. “Che sorriso contagioso e bellissimo”- mi dice chi la osserva.

Non mi piace fermarmi a guardare le foto, mi sembra sempre tempo sottratto alla vita e alla gente. E’ il mio passato, i luoghi che mi hanno ospitata, le persone che mi sono passate accanto, ma non è la vita che sto vivendo, qui e ora.

“Cena messicana stasera?”. Il suono del messaggio arriva dal mio cellulare mentre sono in riunione. Sono veloce e infilo furtivamente una mano nella borsa che riesce a zittirlo, altrimenti me lo ricorderebbe altre mille volte, che ho un sms da leggere. Sergio ha imparato a fare un buon messicano e tortillas fatte in casa, morbide al punto giusto, farina e acqua in un equilibrio perfetto. Avvolgo il ripieno di macinato e gustosi fagioli neri e la bocca viene invasa da un piacevole gusto piccante. Lui non è già ai fornelli quando rientro, ma le fotografie sono sparse sul tavolo, quasi ad aspettarlo.

“Ho fatto sviluppare le fotografie del matrimonio di Tosca”- riecheggia la sua voce in una conversazione di qualche giorno prima.

Mi avvicino al tavolo e l’allegria di quel giorno mi torna alla mente, i sorrisi e gli abbracci degli sposi, il clima di internazionalità e i vari idiomi che si usavano nella comunicazione, i balli di fine serata, la luce e il sole di due persone che dichiarano davanti a tutti di fidarsi l’uno dell’altra e di voler camminare nella vita per mano.

Decine di fotografie mi ricordano il sorriso di Tosca e il suo essere radiosa quel giorno, l’emozione di Lorenzo e la simpatia dei loro invitati. Ne prendo in mano un paio alla volta. Io che sorrido all’obiettivo, Sergio tra gli amici, Tosca che fa le boccacce e poi che bacia e abbraccia Lorenzo, e, sullo sfondo, lei, senz’altro la più elegante e sensuale presente alla festa.

“Chi è quella?”- aveva sussurrato la voce di Sabrina al mio orecchio, contemporaneamente agli sguardi di tutti i maschi di qualsiasi età presenti all’evento.

“La figlia del papà di Tosca, quella nata dal nuovo matrimonio, sai, queste famiglie allargate…”- aveva risposto qualcuno.

“Si chiama Maya”

Una gonna aderente rossa le fascia un corpo perfetto, calza tinta carne, eye-liner generoso a incorniciarle lo sguardo magnetico, un maglioncino nero in microfibra con scollatura  scopre un seno sodo e generoso, capelli scuri lisci e luminosi come seta  raccolti in una coda alta, ai piedi una scarpa nera con tacco alto, elegantissima. Eccola, qui il suo sguardo ammicca a qualcuno e numerosi sguardi maschili sono volti nella sua direzione. Qui si congratula con Tosca e la bacia. Qui sale le scale facendo scivolare  una sull’altra le gambe intrappolate dalla gonna stretta. Maya. Più la osservo, più la cerco in ogni scatto, e finisco per trovarla, sullo sfondo, in un angolo della fotografia, o colta mentre non sta guardando l’obiettivo, o…. Scartabello e passo da una immagine all’altra e mi rendo conto che è ovunque. Improvvisa, mi viene in mente una macchia di rosso nel segnalibro di Sergio e corro in camera, sul comodino, apro il thriller che legge ogni sera, prima di addormentarsi accanto a me.

L’immagine è sgranata, ingrandita milioni di volte. Era piccola, nell’ angolo di una fotografia, a fare da sfondo ad altre persone, ora è diventata grande e c’è solo lei a dominare solitaria. Non guarda l’obiettivo, ha un sorriso assorto che solo il vedere l’amore degli altri dona ai volti. Emana sensualità da ogni singolo pixel.

 Troppi pensieri affollano contemporaneamente la mia mente.

Noi due. Sergio e Sandra. Le nostre due “esse” intrecciate nella lavagnetta in cucina. Le domeniche a fare niente e le  gite al lago. Le nostre sedie affiancate in giardino, le due tazzine da caffè che si sfiorano, i diari delle vacanze da scrivere a quattro mani. E poi i cartoni della pizza la  domenica sera, i film da vedere al cinema, lo shopping in centro con me stretta dentro il camerino e le facce di Sergio a commentare i vestiti. Mi sento non solo tradita e ingannata, ma anche imbrogliata, con la stessa sensazione di impotenza mista a rabbia che si prova quando si scopre che Babbo Natale non esiste. Tutto sembrava portare alla stessa conclusione e convergere nell’esistenza del buon vecchietto che distribuiva i regali volando in cielo con le fedeli renne, e invece scopri che questa fantastica vicenda è stata costruita ad arte per imbrogliare te, innocente bambina.

Ho sempre pensato che il problema di chi viene tradito sia tracciare la linea. Una retta che demarchi la fine della verità. Quando sono iniziate le bugie, fino a quando è stato tutto vero, qual è stato il preciso momento nel quale la mia vita ha smesso di essere quella che appariva a me?

In nessuna domenica, in nessuna pizza, in nessun film era apparsa una macchia di rosso con l’eye-liner.

Nello scendere dalla macchina, mi incastro con l’ombrello tra portiera e abitacolo e resto per qualche istante immobilizzata a imprecare contro la pioggia. Ho sempre odiato le giornate umide, quelle nelle quali l’acqua non concede tregua. Fino a quando ho incontrato Sergio, che mi ha portata in motocicletta sotto la pioggia.

“C’è un’atmosfera che nessuna giornata di sole può dare”, mi diceva, mentre sfrecciavamo affrontando terribili temporali.

Mi viene in mente che è novembre e che  l’estate arriverà tra circa undici mesi. Ripenso ai miei vestitini estivi e alle serate all’anguriara e mi viene una voglia incontenibile di sole. Vorrei scaldare la mia pelle, ho bisogno fisico che il calore cancelli il gelo che ho dentro. Mi chiedo quanto a lungo possa un abitudinario come mio marito nascondere un tradimento. Chi ha orari e luoghi abituali rende sospetto il minimo cambiamento. Magari non è neppure un tradimento, è solo un’illusione, un momento di debolezza, un sogno.

“Sì, si chiama Maya, è bellissima, è quella che piace a Sergio”- mi immagino a spiegare il mio malessere a Sabrina che mi aspetta in pasticceria per la colazione.

Dovrei controllare il cellulare, iniziare a seguirlo? Mi viene da sorridere. Mi piacerebbe, magari alla fine mi divertirei anche. Ma bisogna aver voglia di sapere per cercare di capire, e a volte è meglio restare nel dubbio.

Io vorrei che tutto rimanesse immobile. Un attimo prima del disastro non sappiamo quanto siamo felici e quanto rimpiangeremo quella situazione subito dopo. L’orchestra del Titanic ha continuato a suonare mentre la nave affondava, io sorrido a Sabrina entrando al bar e ordinando cappuccino e brioches alla crema.

Lei è galvanizzata, mi accoglie agitatissima.

“Sandra, tu non sapevi ancora niente, eh?”

Mi apre il giornale davanti. A pagina dieci un’intera facciata presenta il volto di Sergio.

“Ecco il giovane talento che ha sbaragliato i concorrenti e vinto il primo premio del concorso fotografico del nostro giornale SCATTI RUBATI”

Leggo ma è come se divorassi le parole e lo sguardo corre a rincorrere le lettere.

“Con chi andrà questa promessa della fotografia alla vacanza premio messa in palio dal giornale, con la bella ragazza ritratta nella foto vincitrice?”

“No davvero, non la conosco neppure, eravamo insieme al matrimonio di amici e ho pensato fosse il soggetto ideale per affrontare questo concorso. In viaggio ci vado con mia moglie Sandra, chissà che sorpresa sarà per lei, pensi che non sa neppure che ho partecipato, è lei che dice sempre che sono tanto bravo a fare fotografie.”

Inizio a piangere  e a ridere insieme. Alla fine anche questo inverno passerà.